La teoria alla quale facciamo riferimento si fonda sull’insegnamento di Sigmund Freud, a partire dai capisaldi che postulano l’esistenza dell‘inconscio e del transfert, ossia di dinamiche inconsce nella relazione.
Nella teoria psicoanalitica delle origini si possono distinguere tre ambiti:
◊ Un metodo di indagine consistente essenzialmente nell’esplicitare il significato inconscio dei discorsi, delle azioni, delle produzioni immaginarie di un soggetto.
Questo metodo si fonda principalmente sulle libere associazioni del soggetto garanti della validità dell’interpretazione.
◊ Un metodo psicoterapeutico fondato su tale indagine e precisato dall’interpretazione controllata della resistenza, del transfert e del desiderio.
◊ Un complesso di teorie psicologiche e psicopatologiche in cui sono sistematizzati i dati apportati dal metodo psicoanalitico di ricerca e di trattamento.
Una delle più complete definizioni di psicoanalisi è data da Freud all’inizio della voce nell’Enciclopedia pubblicata nel 1922:
«Psicanalisi è il nome:
◊ di un procedimento per l’indagine di processi mentali che sono pressoché inaccessibili per altra via;
◊ di un metodo terapeutico fondato su tale indagine per il trattamento di disturbi nevrotici;
◊ di una serie di concezioni psicologiche acquisite per questa via e che gradualmente convergono in una nuova disciplina scientifica» (Freud, 1922, p.439).
La psicoanalisi delle origini viene arricchita dalle integrazioni di Abraham e di Ferenczi con la teoria del trauma.
La psicoanalisi ha spostato progressivamente la sua attenzione dal modello pulsionale freudiano alle dinamiche relazionali viste come elemento strutturante la vita mentale, riconoscendo alle precoci esperienze di caregiver la responsabilità dello strutturarsi normale o patologico dell’individuo: ciò attraverso la teoria delle relazioni oggettuali nata negli anni trenta con Melanie Klein e sviluppatasi successivamente grazie al contributo di autori quali Winnicott, Fairbairn, Balint, Spitz, Mahler e attraverso la teoria dell’attaccamento di Bowlby.
A partire dal contributo di Wilfred Bion gli approcci più contemporanei hanno cercato di descrivere come si forma la mente del soggetto e come si struttura la possibilità di pensare, basti pensare al lavoro di Ogden.
In questo senso autori contemporanei di riferimento sono ad esempio Greenberg, Mitchell, Kernberg, Fonagy e Target.
Attualmente assistiamo all’integrazione tra le teorizzazioni psicoanalitiche e le recenti scoperte neuropsicologiche in particolare quelle relative ai processi impliciti e non coscienti, alla memoria implicita, al ruolo delle emozioni e delle relazioni primarie. Autori come Schore prendono in considerazione le componenti preverbali e non verbali della comunicazione e il ruolo delle relazioni primarie per la costruzione del Sé e di funzioni mentali che permettono di interagire con gli altri e con il mondo esterno.
Si assiste ad una revisione della concezione di inconscio, inteso come una funzione della mente oltre che sede del rimosso, che porta all’integrazione delle concezioni di inconscio dinamico e inconscio emotivo, di inconscio simbolico e inconscio asimbolico. L’interesse è per ciò che avviene nel soggetto prima che si sviluppi la capacità di pensare e rappresentare con le parole, in una parola di simbolizzare.